

Ho sempre scherzato sul fatto che il mio labrador, Crover, fosse più un’ombra che un cane. Ovunque andassi – in cucina, sotto la doccia, persino ai primi appuntamenti imbarazzanti – lui mi seguiva come se avesse firmato un contratto di fedeltà che non gli avevo mai chiesto.
Ma questa volta, quando aprii gli occhi a quella luce asettica e tagliente e alle rigide lenzuola dell’ospedale, lui era già lì. Sdraiato accanto a me. La testa sul mio fianco. Come se mi stesse aspettando.
Sbattei forte le palpebre, una, due volte. La mia bocca sembrava gesso. Cercai di mettermi a sedere, ma il mio corpo si trascinava come un peso morto. Tubi. Bip. Un dolore sordo che non riuscivo a definire, come se mi avessero strappato qualcosa, o forse me l’avessero iniettato.
“Crover?” La mia voce si spezzò. Non si mosse.
Entrò un’infermiera: giovane, nervosa, con la coda di cavallo troppo stretta. Si bloccò quando lo vide. “Oh mio dio… come ha fatto a entrare qui?”
Non riuscivo a elaborare la domanda. “Lui… lui è il mio cane. Non mi lascia mai.”
Lei fece marcia indietro, borbottando qualcosa sul chiamare la sicurezza. Cercai di allungare la mano verso Crover, ma mi accorsi che avevo un braccialetto al polso. Arancione acceso. Non avevo mai visto quel colore in un ospedale prima.
L’infermiera tornò con un uomo anziano in camice che sembrava aver passato cento notti insonni. “Signorina Velden”, disse, cauto come se stessi per crollare, “è priva di sensi da tre giorni”.
Non aveva senso. Ricordo… un supermercato. O forse era un marciapiede? La mia testa pulsava. “C’è stato… un incidente?”
Guardò il cane, poi di nuovo me. “Stavamo per chiamare i parenti più prossimi. Ma… si è presentato. Nessuno l’ha portato. Nessuno l’ha visto entrare. Non ha il microchip. Eppure, in qualche modo, è elencato tra i tuoi contatti di emergenza.”
Fissai Crover. Finalmente sbatté le palpebre. Come se aspettasse che mi ricordassi qualcosa.
E all’improvviso qualcosa tremolò.
Non ero solo su quel marciapiede.
Sussurrai: “Mi ha tirato fuori?”
Il medico esitò. “È proprio questo il punto. I testimoni dicono… di aver visto qualcuno trascinarti. Ma non hanno visto una persona.”
A quanto pare ero crollato sul marciapiede fuori dal mercato di Stanwick. Aritmia cardiaca, dissero. Una strana patologia di cui non sapevo nemmeno di avere. Ero caduto velocemente. Ho sbattuto la testa sul marciapiede.
L’ultima cosa che ricordo è di aver preso un sacchetto di spinacini.
Ma ciò su cui tutti i presenti erano d’accordo – anche se nessuno sapeva spiegarlo – era che una macchia dorata era apparsa dal nulla, mi aveva afferrato la giacca con i denti e mi aveva trascinato via dalla strada. Una donna ha giurato che il cane mi aveva aspettato sul marciapiede, guardando in entrambe le direzioni come se stesse controllando il traffico, prima di trascinarmi verso l’ingresso del negozio.
Crover non era con me quel giorno. L’ho lasciato a casa perché faceva caldo e si agita se lascio la finestra socchiusa.
E tuttavia eccolo lì.
Fui dimessa due giorni dopo, ancora debole ma stabile. Quando aprii la porta dell’appartamento, mi aspettavo che Crover si rannicchiasse come al solito. Invece, rimase lì a gironzolare. Dormiva accanto al divano. Mi seguì persino in bagno, come se stessimo ricominciando tutto da capo.
Una notte mi sedetti sul pavimento e lo guardai.
“Non sapevo che lo sapessi”, sussurrai. “Del mio cuore.”
Crover mi leccò la mano e appoggiò il mento sul mio ginocchio.
Una settimana dopo, mi sono incuriosito. Sono andato dal veterinario per vedere se Crover avesse il microchip e me ne ero semplicemente dimenticato, da prima di adottarlo.
Il tecnico lo esaminò.
Niente.
Ma poi aggrottò la fronte leggendo il fascicolo sull’adozione.
“Signorina Velden… non può essere vero. Qui dice che ha adottato Crover due anni fa.”
“Sì. Esatto.”
Sollevò il fascicolo. “Ma questa voce… è scritta a mano. Dice che il nome del cane era Marlow , non Crover. Stessa età, stesso colore, stesso peso. Sei sicuro che sia lo stesso cane?”
Ho riso. “Sì. Si presentò con quel nome, ma l’ho cambiato. Ha risposto a Crover abbastanza in fretta.”
Scrollò le spalle. “Strano. Perché le note di ammissione dicono che Marlow proveniva dallo stesso quartiere in cui vivevi prima del tuo ultimo trasloco.”
Il mio vecchio quartiere.
Quello in cui ho perso mio fratello Callen in un incidente stradale.
Da bambini aveva un cane. Un bastardino buffo, dal pelo dorato, che lo seguiva ovunque. Quando Callen morì, il cane scomparve. Non ci pensavo da anni.
Ma in quel momento qualcosa mi fece male al petto, e non era dovuto al cardiofrequenzimetro.
Forse è stata una coincidenza.
Forse no.
Tutto quello che so è questo: Crover mi ha salvato.
E ora, ogni mattina, quando sento la luce del sole colpirmi il viso e quel peso caldo accartocciarsi accanto alle mie gambe, realizzo qualcosa che prima non avevo mai veramente compreso.
L’amore non arriva sempre avvolto nelle persone. A volte cammina a quattro zampe. A volte ti trova quando non sapevi nemmeno di esserti perso.
Se questo ti ha ricordato il legame che hai con il tuo animale domestico o con qualcuno che hai perso… condividilo. Non si sa mai chi potrebbe aver bisogno di ricordare che l’amore trova sempre una via di ritorno.
Để lại một phản hồi